Vini di Todi: ecco il meglio della città “da bere”

orn-1
22.05.2019

Per chi vive o visita l’Umbria e Todi, c’è un immenso patrimonio di attrazioni da scoprire e di cui godere: tra queste non si può non includere l’enologia. Il territorio è infatti ricchissimo di ottimi vini dei quali alcuni particolarmente pregiati e noti e altri più di nicchia, ma comunque di altissima qualità. Tra i primi, è d’obbligo menzionare le due DOCG: il Sagrantino di Montefalco e il Torgiano Rosso Riserva. Ci sono poi numerose DOC e tra queste la Todi DOC, nata abbastanza di recente, nel 2010. Per restare a Todi, c’è poi un’altra interessante novità arrivata negli ultimi anni: si tratta del Grero, antico vitigno autoctono che, dopo un lungo lavoro di studio e sperimentazione, nel 2011 è stato iscritto nel Registro nazionale delle varietà di viti da vino.

Todi DOC

La denominazione di origine controllata “Todi” comprende diverse tipologie di vino: bianco; rosso, anche nel tipo superiore; Grechetto, anche nei tipi superiore e passito; Sangiovese, anche nel tipo superiore; Merlot, anche nel tipo superiore. Le uve per la produzione delle DOC Todi devono essere prodotte nel territorio dei comuni di Todi, Massa Martana, Monte Castello Vibio e Collazzone. Il Grechetto di Todi è, in particolare, certamente uno dei vini più conosciuti e apprezzati e il nome suggerisce che questo uvaggio abbia le sue origini in Grecia. In realtà sembra non sia affatto così: anche se alcuni aromi e sapori sono simili a quelli provenienti dalle aree orientali del Mediterraneo, secondo alcuni studi il Grechetto umbro sarebbe invece geneticamente simile al Pignoletto dell’Emilia Romagna e alla Ribolla Riminese.

Il Grero di Todi

Il Grero di Todi ha fatto molto parlare di sé negli ultimi anni. Si tratta di una varietà di Grechetto a bacca nera che era quasi del tutto scomparso, ma che a partire dal 2005 è stata oggetto di un progetto di ricerca che ha portato, nel 2011, alla sua iscrizione nel Registro nazionale delle varietà di viti da vino. È caratterizzato da una produzione limitata e da rese in vigna non molto elevate che rendono questo vino una piccola prelibatezza tutta umbra. Il merito della riscoperta del Grero è da attribuire in gran parte al professor Alberto Palliotti del dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari ed Ambientali dell’Università di Perugia. La pianta madre del Grero è stata rinvenuta nella frazione tuderte di Romazzano: si tratta di una vite con più di 120 anni e con un tronco dal diametro di ben 37 centimetri. Questo vino ha un sapore davvero particolare: secondo un rapporto del laboratorio di ricerca del Parco tecnologico Agroalimentare dell’Umbria, in esso spiccano le note cromatiche di rosso rubino e riflessi violacei. “Equilibrate le intensità di amaro, astringenza e corpo, caratteristiche legate alla presenza del patrimonio fenolico – si legge nella scheda identificativa – buona anche la nota acida che conferisce una certa freschezza al vino. Il profilo olfattivo denota complesse sensazioni di speziato e di bacche rosse, mentre piuttosto accennate sono le sensazioni di frutta essiccata, liquirizia e tabacco. Al gusto il vino del vitigno Grero in purezza presenta un certo equilibrio: sicuramente pieno, leggermente amarognolo e comunque dotato di struttura piuttosto equilibrata. Le proprietà sensoriali lo designano come vitigno adatto ad essere utilizzato in blends nei quali apporterebbe sicuramente caratteristiche di intensità e vivacità cromatica notevoli, nonché una maggiore complessità olfatto-gustativa; in purezza dà vini caratterizzati da attributi di freschezza, apprezzabili soprattutto nel prodotto giovane, ed interessanti anche per produzioni particolari, come i macerati carbonici per la produzione di vini novelli”.

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